Il 22 marzo, in terra ligure, si è svolta una giornata di studio sulla riforma del condomino; l’incontro fa parte del secondo ciclo di convegni di studio sulla riforma organizzati dall’Anaci nazionale. I numerosi partecipanti, provenienti da tutta Italia, hanno potuto ascoltare relatori di massimo prestigio coordinati dalla sapiente voce dell’avv. Eugenio Correale.
L’incontro ha scandagliato alcuni fra i temi di maggior interesse della L. 220/2012: si è partiti dagli impianti di riscaldamento per arrivare alle attribuzioni ed ai requisiti dell’amministratore “riformato”.
Filo conduttore e tratto caratterizzante di vari interventi è stato il rapporto tra norme dell’ordinamento e regolamenti di condominio (anche contrattuali).
L’avvocato Ginesi, ponendosi nei panni dell’amministratore che riceve una richiesta di distacco dall’impianto di riscaldamento, si è chiesto se, per decidere sulla legittimità o meno di tale richiesta, sia necessario – oltre a quanto prescritto dal riformato art. 1138 c.c. ed alla verifica di eventuali preclusioni del regolamento contrattuale – riferirsi ad un parametro “superiore” sancito dalla legge. La L. 10/1991, ad esempio, è norma finalizzata ad un miglioramento dei processi di trasformazione dell’energia, di riduzione dei consumi e di miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale dell’utilizzo dell’energia a parità di servizio reso e di qualità della vita. Ulteriori parametri che può considerare l’interprete sono i principi costituzionali di cui all’art. 32 e 42 cost.: “tutela della salute” e “funzione sociale” della proprietà. È, quindi, lecito chiedersi se sia possibile non autorizzare un distacco rispettoso dei parametri imposti dalla legge, ma lesivo dei principi qui richiamati.
Da un punto di vista pratico l’atteggiamento che dovrebbe tenere l’amministratore a fronte di una situazione di questo tipo è il seguente: richiedere al condomino idonea perizia che certifichi il rispetto di quanto prescritto dalle norme vigenti e sottoporre all’assemblea la questione, previo consulto con il legale del condominio.
Il collega Moscatelli – dopo aver sottolineato la mancanza di una norma di collegamento tra la vecchia e la nuova norma – ha sviluppato un’interessante riflessione circa i regolamenti di condominio che richiamano norme del codice civile oggi modificate; al fine di una corretta interpretazione sarebbe necessario analizzare non solo il dato testuale, ma anche ricostruire l’intenzione dell’estensore del regolamento. Il giurista dovrebbe, cioè, chiedersi se l’interesse principale tutelato dal regolamento di condominio fosse quello di richiamare la norma vigente in quanto tale (e nelle sue successive modificazioni) oppure di richiamare il contenuto specifico della legge.
Merita una riflessione anche il contenuto dell’art. 1135, comma 1, n. 4 c.c., da poco modificato con il decreto Destinazione Italia; tale norma, non inserita negli articoli derogabili ai sensi dell’art. 1138 c.c., potrebbe essere, comunque, assimilata a quelle inderogabili, stante la sua chiara dizione: “costituendo obbligatoriamente un fondo speciale”. Sul punto mi permetto – con la consapevolezza dell’esistenza di un contrasto dottrinale su tale argomento – formulare una mia personale visione dell’articolo; a mio avviso la ratio della norma presuppone che il fondo straordinario sia istituito solo da un punto di vista contabile, al fine di separare la gestione straordinaria rispetto a quella ordinaria. Ciò garantisce una maggiore chiarezza contabile a favore dei creditori; pensare diversamente significherebbe “bloccare” l’inizio dei lavori a causa della morosità anche di un solo condomino. Tale lettura della norma risulterebbe valida anche alla luce del filone giurisprudenziale (Corte d’appello di Brescia, sentenza n. 130/2012 – Cassazione Civile, sentenza n. 8167/1997) che ammette la costituzione (a maggioranza) di fondi cassa contabili all’interno del condominio.
Il dott. Scarpa, ragionando sull’art. 63 disp. att. c.c., ha, in primis, affermato, a chiare lettere, l’inutilità di chiedersi se nel condominio viga la solidarietà o la parziarietà delle obbligazioni dei condomini rispetto ai crediti dei terzi. Tale diatriba ha caratterizzato numerosi convegni ed incontri, ma – secondo la sua riflessione, che mi vede pienamente concorde – non bisogna voler trovare, ad ogni costo, una definizione dello stato di fatto, quanto, piuttosto, prendere atto di quanto statuito dalla norma:“i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”. Il magistrato, con l’acume che lo contraddistingue, ha, quindi, sollevato una serie di problematiche derivanti dall’applicazione pratica di quanto previsto dall’art. 63 disp. att. c.c.; tra queste mi permetto di ricordare, in quanto di estremo interesse per gli amministratori, la possibilità che il creditore del condominio rivolga una richiesta di risarcimento danni nei confronti dell’amministratore, il quale non abbia adempiuto a tutti i suoi obblighi di legge (puntuale chiusura dei bilanci, tempestiva riscossione forzata delle somme, pronta comunicazione dei nominativi dei condomini morosi al fornitore ….).
Il nostro tesoriere nazionale, dott. Giuseppe Merello, si è, invece, soffermato sulle novità in tema di registro di contabilità e di gestione economica del condominio, mentre l’avv. Riccio ha affrontato le novità in tema di convocazione e svolgimento dell’assemblea; tra le tante norme ricordiamo l’impossibilità di delegare l’amministratore e le modalità di convocazione: posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano.
L’ing. Burrelli, condensando in pochissimi minuti il proprio intervento per questioni organizzative, ha portato all’attenzione di tutti gli amministratori la circostanza secondo cui il Legislatore, anche se non espressamente, sta rendendo sempre più necessaria la creazione del “libretto di fabbricato”. Tale figura, come detto non normata e non espressamente obbligatoria, dovrebbe rappresentare una summa di tutta la vita del condominio sotto il profilo tecnico/costruttivo; all’interno di questa ideale raccolta dovranno, quindi, trovare spazio le certificazioni di tutti gli impianti comuni e le prove di aver posto in essere tutti i molteplici adempimenti previsti dalla legge a carico dell’amministratore. Una particolare attenzione dovrà essere rivolta alla verifica delle condizioni del fabbricato ed alla risoluzione di eventuali situazioni di pericolo; ad esempio, nel caso di “cornicione pericolante” si dovrà – nel più breve tempo possibile – mettere in sicurezza la zona, ma anche registrare ed annotare le operazioni svolte.
Tra gli spunti finali dell’avvocato Correale ricordiamo le sue perplessità di fronte all’estrema rigidità dell’art. 71 disp. att. c.c., il quale impedisce a chiunque sia annotato nell’elenco dei protesti cambiari l’esercizio della professione di amministratore; stesso dicasi per l’apparente preclusione perenne a carico di chi commetta uno dei reati di cui al punto b) della citata norma.
Il nostro illustre relatore si augura che venga ammessa una possibilità di “redenzione” (rectius “riabilitazione”) e che chi sia stato colpito dalle limitazioni di cui sopra possa, anche “se magari a settant’anni” (!), acquisire i titoli idonei a svolgere la professione di amministratore condominiale.