Estratto della sentenza n. 2259/1998 della Corte di Cassazione civile:
Ora non v’è dubbio (e in tal senso va corretta la motivazione della sentenza impugnata a norma dell’art. 384, secondo comma, c.p.c.) che secondo l’art. 1130 c.c. all’amministratore spetti – in mancanza di particolari disposizioni del regolamento condominiale o di delibere assembleari – il compito di provvedere alla conservazione delle cose comuni sia agendo in giudizio contro pretese o attentati provenienti da terzi sia preservandone l’integrità fisica; a lui spetta, in particolare, il potere discrezionale, autonomamente esercitabile, di impartire le disposizioni necessarie ad eseguire lavori di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e di erogare le relative spese, per cui non esorbita certamente dalle sue attribuzioni la decisione autonoma dell’amministratore rispetto ad una lite quando con la domanda proposta contro il condominio si faccia valere la lesione di un diritto soggettivo derivante dal difetto di manutenzione ordinaria del tetto di copertura dell’edificio.
Quando invece la citazione abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini ponendola in condizioni di decidere se resistere o meno alla domanda o se conciliare la controversia: la violazione di questo obbligo costituisce giusta causa di revoca dell’amministratore e comporta il suo obbligo di risarcire il danno che i singoli proprietari abbiano subito a causa della sua negligenza.
Inoltre, in presenza d’una delibera dell’assemblea che abbia deciso di resistere ad una domanda giudiziale, il condomino dissenziente può scindere la sua responsabilità in ordine alle conseguenze della controversia per il caso di soccombenza, estraniandosi dalla lite con una dichiarazione da notificare all’amministratore entro 30 giorni dalla notizia della deliberazione: è questo un potere finalizzato a porre un freno ad iniziative della maggioranza che per la loro avventatezza o per la serietà delle conseguenze, possono esporre anche la minoranza a gravi responsabilità patrimoniali. Orbene, presupposto essenziale per l’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite è l’esistenza d’una delibera dell’assemblea resa necessaria dal fatto che la citazione notificata all’amministratore contiene una domanda avente ad oggetto una materia di competenza dell’assemblea stessa.
Quando invece, come nel caso di specie, non esiste una delibera assembleare intorno alla lite promossa contro il condominio perché la domanda, per il suo contenuto, non esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, non esiste una condizione essenziale all’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere (che nasce, contro il condominio, solo dopo che l’assemblea ha deliberato) di estraniarsi dalla lite scindendo la propria responsabilità in ordine alle sue conseguenze per il caso di soccombenza.
In tale ipotesi i condomini sono tenuti a sopportare gli effetti degli atti e, in generale, del comportamento dell’amministratore, ivi compresa la sua condotta in ordine alla lite, per il solo fatto del mandato ad amministrare che gli è stato a suo tempo attribuito e della fiducia sottesa al suo conferimento, salvo il potere del singolo condomino – che nel caso di specie non risulta esercitato – di far ricorso all’assemblea a norma dell’art. 1133 c.c..