La sentenza della Corte di Cassazione n. 24948 del 06.12.2016 (relatore dott. Parziale Ippolisto) ritorna su temi già noti, ma spesso fonte di accese discussioni in sede giudiziaria.
Da una parte, si affronta il tema dell’impugnativa di delibera ricordando che, decorsi i termini di cui all’art. 1137 c.c., è possibile eccepire esclusivamente vizi tanto gravi da rendere la delibera priva di elementi essenziali o tali da incidere sui diritti di proprietà individuali. All’interno di questi confini non rientrano nè le contestazioni contabili nè i vizi di convocazione; per far valere tali censure è necessario che l’impugnazione avvenga entro trenta giorni dalla data dell’assemblea per i dissenzienti e gli astenuti ed entro trenta giorni dalla ricezione del verbale per gli assenti.
Dall’altra si affronta il tema dell’opposizione a decreto ingiuntivo; a tal proposito, vengono confermati i poteri derivanti all’amministratore dall’art. 63 disp. att.ve c.c. secondo il quale – sulla base del principio di presunzione di legittimità delle delibere condominiali – l’amministratore è tenuto a procedere con il recupero delle spese condominiali. Tale presunzione di legittimità assiste le delibere fino alla loro eventuale sospensione o fino alla loro invalidazione nelle forme di legge.
Riportiamo qui di seguito parte della sentenza:
- circa l’impugnativa di delibera assembleare:
“La Corte di appello, quindi, disattende la prima censura “nel merito”, osservando che “il giudice di prime cure ha rettamente applicato i principi, da tempo consolidatisi nell’interpretazione della S.C. (…) che circoscrivono le ipotesi di nullità ai soli casi di anomalie tali da rendere la delibera mero simulacro (perché priva degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito o che esorbiti dalle competenze assembleari o che incida sui diritti o la proprietà individuale), dovendosi ogni altro vizio ricondurre alla categoria dell’annullabilità, la cui deduzione resta preclusa dal decorso del termine decadenziale di cui all’art. 1137 c.c.”. Afferma, quindi, la Corte locale che “una tale scelta interpretativa risulta pienamente condivisibile: l’orientamento che nel passato, pur non in maniera monolitica, veniva privilegiato, infatti, distorcendo palesemente il dato normativo, aveva, di fatto, condotto alla paralisi della gestione condominiale o, comunque, all’incertezza delle situazioni giuridiche protratta a lungo e intollerabilmente nel tempo, sovvertendo, di fatto, il principio maggioritario che sorregge le determinazioni condominiali”.
Aggiunge, poi, la Corte locale che “né, peraltro, può sostenersi, per aggirare la preclusione decadenziale, che, in concreto l’assemblea abbia male applicato i criteri di legge: la verifica del merito della delibera (al qual fine anche lo strumento della CTU potrebbe risultare indicato), infatti, è tipica manifestazione di critica, da operarsi nel termine di giorni trenta dalla deliberazione alla quale si è partecipato o dalla comunicazione del verbale della deliberazione alla quale non si è partecipato” (ragionamento della Corte d’appello confermato dalla Corte di Cassazione nelle motivazioni finali). - circa l’opposizione a decreto ingiuntivo:
“La detta motivazione, condivisa dalla corte, non viene scalfita dalla censura. I poteri dell’amministratore si fondano sull’art. 63 cit., il quale, sulla base del principio di presunzione di legittimità delle delibere condominiali, impone il recupero all’amministratore, anche per via coattiva. Presunzione di legittimità la quale assiste le delibere fino a loro invalidazione nelle forme di legge. Né, per quel che prima si è detto, può sostenersi che la deliberazione portata in esecuzione fosse affetta da radicale nullità, al contrario di quel che sostiene l’appellante, poiché si era ripartito ammontare superiore al preventivo, deliberato il 3 novembre 1997. La detta circostanza, infatti, ove, per assurdo, si volesse negare valore costitutivo alla seconda determinazione assembleare, potrebbe implicare vizio che avrebbe dovuto essere dedotto nel termine decadenziale di cui all’art. 1137 c.c. , e che, comunque, come prima si è detto, non privava d’immediata efficacia la statuizione e, quindi, non esonerava l’amministratore dal darle piena esecuzione, anche per via coattiva” (ragionamento della Corte d’appello confermato dalla Corte di Cassazione nelle motivazioni finali).