La sentenza n. 13004 del 24.05.2013 (Sezione II, presidente dott. Massimo Oddo, relatore dott. Ippolisto Parziale) affronta diverse problematiche tra cui quella specifica dell’adozione da parte dell’assemblea – per uno svariato numero di anni – di una tabella millesimale diversa rispetto all’originaria.
Il caso affrontato si concentra su di un’unità immobiliare della quale faceva parte un sovrastante locale; tale zona, inizialmente non abitabile e non inserita all’interno della tabella millesimale, era stata successivamente trasformata in zona soggiorno ed era stata allacciata all’impianto di riscaldamento condominiale. La partecipazione alle spese veniva risolta attribuendo alla “nuova unità” un quota millesimale pari a quella di un appartamento equivalente; tale criterio viene contestato da una successiva acquirente dei locali oggetto di trasformazione.
Ricordiamo che le Sezioni Unite, con pronuncia 18477/2010, hanno concluso che l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale ed il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini essendo sufficiente la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c.. Premesso ciò si rileva come nel caso in esame, per più anni, l’assemblea ha approvato la ripartizione delle spese così come modificata e nessuno ha formalmente chiesto che la tabella millesimale fosse oggetto di revisione.
Sul punto, la sentenza richiamata di esprime nei seguenti termini: “… occorre osservare che la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall’assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l’acquiescenza rappresentata dalla concreta disapplicazione delle stesse tabelle per più anni può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica dei criteri di ripartizione da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dar luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della relativa disciplina, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purchè univoco dell’assemblea dei condomini.
E questo è appunto ciò che è accaduto nel caso di specie.
Quanto al secondo profilo, occorre osservare che, una volta così ricostruita la vicenda, alla signora (…) non restava che chiedere, ove sussistenti le condizioni, la revisione delle tabelle. Non avendolo fatto, correttamente la Corte di merito ha ritenuto che non sussistessero profili di illegittimità nella deliberazione condominale impugnata, relativa alla sola ripartizione delle spese.
Quanto osservato, consente di ritenere superato anche il rilievo alla necessaria forma scritta che la modifica delle tabelle dovrebbe richiedere secondo la ricorrente, posto che una volta che si sia determinata la approvazione per facta concludentia per effetto della adesione espressa o implicita all’uso della diversa tabella per vari anni, la questione della forma scritta resta assorbita dalla necessaria documentazione delle relative assemblee nelle quali si sono approvate le spese e si è proceduto alla loro ripartizione secondo la diversa nuova tabella”.
Il tema della modifica di tabelle millesimali è stato innovato dalla L. 220/2012 con cui sono stati modificati l’art. 68 e 69 disp. att.ve c.c.. Il tema meriterebbe un approfondimento ben più ampio, ma in questa sede ci limitiamo a ricordare che, ad avviso dello scrivente, rimangono immutati i principi già affermati dalla cassazione con la sentenza n. 18477/2010 e, conseguentemente, anche i ragionamenti sopra richiamati.