L’articolo 1134 c.c. dispone quanto segue: “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente“. Tale norma prevede che il condomino il quale abbia sostenuto delle spese in favore del condominio non abbia diritto ad alcun rimborso salvo che sia dimostrata l’urgenza o che vi sia una specifica autorizzazione da parte dell’assemblea.
La ratio della norma in commento è quella di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell’amministrazione riservata agli organi del condominio (assemblea ed amministratore). L’onere della prova dell’indifferibilità della spesa incombe, chiaramente, sul condomino che pretende il rimborso, spettando allo stesso dimostrare la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo ed impedivano di avvertire tempestivamente l’Amministratore e gli altri condomini.
Nel corso degli anni, a titolo d’esempio, la giurisprudenza ha considerato non rientrare nei requisiti di cui sopra i seguenti interventi:
- tinteggiatura muri esterni (Cass. Civ. n. 18759/2016);
- manutenzione ordinaria dell’impianto di riscaldamento (Trib. Verona sentenza 09.04.2011);
- spese di consumo del riscaldamento e dell’acqua potabile (Trib. Verona sentenza 09.04.2011);
- spese per l’illuminazione, adempimento obblighi fiscali, accatastamento (Cass. Civ. n. 253/2013)
Sul punto, si riporta un estratto di due pronunce della suprema Corte di Cassazione Civile:
- la n. 18759 del 23.09.2016: “L’art. 1134 c.c. , fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell’art. 1110 c.c. , dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell’amministratore”. Nel condominio la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell’amministratore non è sufficiente. Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l’amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2011, n. 21015). Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune (Cass., Sez. 2, 6 dicembre 1984, n. 6400; Cass., Sez. 2, 26 marzo 2001, n. 4364), l’urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sè o a terzi o alla stabilità dell’edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass., Sez. 2, 19 dicembre 2011, n. 27519; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330)“;
- e la n. 9177 del 10.04.2017: “Dal coordinamento delle due disposizioni (art.li 1105 c.c. e 1134 c.c.) si ricava piuttosto agevolmente che l’intervento sostitutivo del singolo condomino è ammesso nei casi in cui, in presenza di un’esigenza che richiede un urgente intervento, non dilazionabile nel tempo, non appaia ragionevolmente prevedibile investire dell’attività l’amministratore, senza porre in concreto pericolo il bene condominiale. Per contro, ove il condominio versi in una situazione di stasi patologica, cioè in una inerzia operativa stabilizzata, non è consentito al singolo condomino sostituirsi, salvo i casi urgenti di cui s’è detto, agli organi condominiali in via generalizzata“.